martedì 19 maggio 2020
18 e 19 maggio 2020 - Fase 2 nei NonLuoghi
Ed ecco che hanno riaperto quasi tutto, i negozi erano quelli più attesi, tanto più se si tratta di centri commerciali. Ma non solo questi, in quegli spazi che ci erano interdetti possiamo annoverare anche le strade o autostrade, o mezzi di trasporto, oppure aeroporti, il nonluogo reso famoso dal film Terminal, che è anche una parte annessa a questi. La possibilità di transitare oppure stare in questi luoghi (nonluoghi) probabilmente ha fatto andare di matto un sacco di persone. Immagino a livello planetario, nelle megalopoli, dove si vive in grattacieli di dozzine di piani dove in ogni piano si trovano persino lavanderie o negozi o centri commerciali. Dunque l’idea di non passare liberamente nei luoghi altri, quei non luoghi inteernetiani ad un nonluogo (come direbbe chi ha coniato il termine, Marc Augé, non-lieu), o nonluoghi, stavano creando non pochi problemi interiori perché non era tanto la sospesa libertà, di circolazione, quanto la impossibilità di raggiungere a seconda della voglia questi luoghi, almeno per una parte importante dell’umanità. Si lasciano quindi con la fine del lockdown queste schermature personali, i device, che ci fanno collegare col mondo, ma che ovviamente e contestualmente di distraggono e ti impediscono di interagire con chi ti sta a fianco, a casa tua, o nell’ufficio. Appare dunque strano se non spaventoso che in questi mesi di simil-prigionia nelle proprie case, in cui ognuno a suo modo doveva o avrebbe dovuto riprendere una dimensione personale si ritrovi a desiderare la tanto agognata situazione dei nonluoghi da passare con gli amici. Non ci sembri strano, quindi, se non allucinante, nei giornali ne hanno dato poco risalto ma nei social è stata fonte di ilarità, vedere le foto di adolescenti in fila al MacDonald per due ore in attesa del junkfood, non tanto per esso, credo, ma per la socialità che ci sta intorno. In rete (Wikipedia) alla voce non luogo si legge che da <<una ricerca effettuata in Italia su un vasto campione di studenti delle scuole superiori (Lazzari &Jacono, 2010) ha mostrato come i centri commerciali siano uno dei punti di ritrovo d'elezione per gli adolescenti, che li pongono al terzo posto delle proprie preferenze d'incontro dopo casa e bar. Secondo Marco Lazzari (2012) i "nativi digitali" sono nativi anche rispetto ai centri commerciali, nel senso che non li percepiscono come una cosa altra da sé: i ragazzi sentono il centro commerciale come un luogo vero e proprio, di frequentazione non casuale e non orientata soltanto all'acquisto, dove si può esprimere la socialità, incontrare gli amici e praticare con loro attività divertenti e interessanti.>>. Ebbene questa percezione penso che non sia aliena a chi non è più adolescente. A questo proposito, e non sto saltando di palo in frasca, poi capirete perché, di recente ho ri-scoperto un album del 1992, CSAR (Cosa succederà alla ragazza) di Lucio Battisti, poco apprezzato dalla critica ma ricco di spunti musicali e culturali, che a tratti va addirittura in avanti rispetto a quei tempi. Il quarto album di Battisti in collaborazione con Pasquale Panella, insolito nel genere, almeno per chi apprezzava Battisti, con quelle canzoni stra famose da cantare in gruppo, anche squarciagola, le canzoni che tutti, allora, conoscevano e conoscevamo. Insolito anche nei generi musicali, ma anche nella stesura del testo e nella ritmica fra testi e musica, che spazia dal funk-dance al rap, al dub, con tappeti di drum machine e basi ritmiche piuttosto interessanti ed accattivanti. Dicevo in questo album c’è un rincorrere, nei testi, nelle parole, o nei giochi linguistici verso una ricerca a quei luoghi, anzi non luoghi. Questo album ha accompagnato le mie brevi passeggiate, intorno a casa o nel giardino, talvolta anche andando a passo col ritmo della batteria. Mi è piaciuto al punto di cercare in rete quanto più possibile su questo lavoro, per cui in rete ho scoperto che l’album esce lo stesso anno, il 1992, del libro dall'antropologo francese Marc Augé, “Non-lieux. Introduction à une anthropologie de la surmodernité”, tradotto in italiano nel 1996, con il titolo Nonluoghi. Non so se Panella ne abbia tratto spunto ma nei pezzi ci sono ovvi e tanti riferimenti ai non luoghi. Quello che a mio parere è più evidente è la terza traccia “Ecco i negozi”. L’album sembra tutto tagliato sulla dimensione femminile, in questo brano, però, ancora più al femminile. La donna che va nei negozi, direi il centro commerciale, e non è più quella che era prima di entrare ma qualcos’altro, di diverso in questo non luogo, in cui piace smarrirsi e magari dimenticare cosa si stava facendo o cosa si vorrebbe fare; si resta, in questo spazio sospesi, anche se si deve giusto fare la spesa ma si approfitta per provare un vestito o un paio di scarpe, o sfogliare un libro. La parte più interessante, che ci consegna una raffigurazione di questa donna in un non luogo sono queste strofe: “E non le sembra più di stare a casa, Ecco cammina nell'uno e l'altro senso, Non avendo al fianco chi l'accompagnerebbe, Nelle minime e le massime escursioni. Ecco i negozi Che ingoiano tutti i fracassi, Non affliggono né stomaco né cuore, eccola Qui dov'è la padrona del proprio giro vita, Del proprio girocollo, del proprio giro periplo del Corpo. E lo spazio non è quella questione, Ecco i negozi, si può tacere senza Dare il silenzio come spiegazione: Ecco qui, tra le creature scisse.” Già “tra le creature scisse” che abitano un nonluogo, dove per definizione non si può abitare, ma lo si abita seppure per poco. Altro non luogo, per eccellenza, la metro. La quarta traccia di CSAR è “La metro eccetera”. Anche qui, sebbene sia rispetto alle altre tracce un brano piuttosto orecchiabile, un po’ alla 883, parla di nonluoghi. Nel testo … “La metro, i seduti di fronte sono semplicemente gli avanzati, dal viaggio precedente, che andava dove vanno tutti i presentimenti , eccetera. In un soffio di porta, fa l’ingresso, la bella incatenata a testa alta; invece i viaggiatori sono entrati col capo chino e l’umiltà dei frati”. In questi non luoghi dunque dal 18 maggio, almeno in Italia, siamo liberi di recarci, ovviamente tenendo conto di tutte le prescrizioni, mascherine e di stanziamenti compresi, recuperando una “normalità” persa dai primi di marzo. Vediamo se davvero ne è valsa la pena, vedremo se questa Fase Due durerà per aprire la fase tutti liberi. Chissà. Per ora godiamoci il ritorno ad una certa normalità in condivisione col virus. Grazie al covid19, nel senso che la costrizione in casa e nei pochi passi più in là, come cani alla catena, ho avuto il tempo di scoprire e riscoprire un Battisti inedito. Buona fase Due a tutti
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