Partenza da casa verso l'ufficio. 7.43 timbro. Tutto procede lento. Niente alunni né docenti. Il tempo non passa. Ogni tanto entra il direttore. Comunicazioni di servizio. Tra colleghi si commentano le ultime news, quasi increduli ma fiduciosi. Il collega dice che secondo lui tutti prima o poi verremo infettati. Dico che nelle mie mani ci sono segnate nettamente le M, memento mori. Si ride. In tarda mattinata guardo fuori dalla finestra. Una fitta pioggia. Dico, miseria sto per uscire, spero spiova presto.
Finalmente a casa. Pranzo. Ascolto la radio distrattamente. Dormicchio un po'. Che noia vado a fare la spesa. In Auchan Santa Gilla il supermercato è chiuso con dei pannelli grigi fino al soffitto lungo tutto il corridoio. Avevo dimenticato che chiudeva per lavori. Restano i negozi. Decido di andare al Market. Poche persone. Tutte mantengono una certa distanza. Un filippino ha la mascherina, l'unico lì dentro. Pago, esco subito. Fuori un senegalese che chiede monete. Un barboncino legato al palo, fuori dal bar. Il suo padroncino sorseggia una ichnusa.
Torno a casa. Salgo le scale. Entro in bagno e mi lavo accuratamente le mani. Servirà? Non si sa mai. Accendo la radio. La prima parola che sento è coronavirus. Spengo. Chepalle. Meglio un libro. Raymond Carver, Da Dove Sto Chiamando, si presta alla lettura con le sue short stories.
A domani.
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