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martedì 28 aprile 2020

28 aprile 2020 - Sa Die De Sa Sardigna

Curioso, e mi intriga, come in questo tempo in-finito del lockdown ti ritrovi ad avere tanto tempo a disposizione che è diventato il tuo tempo. Mentre prima, diciamo almeno fino a marzo, pensavi di non riuscire a fare tutto in una giornata o in una settimana ora tutto il carico di impegni scompare ed è dilatato, per non dire obliterato, a tuo favore. Fai ciò che devi fare, in remoto, e ti avanza tempo, ti muovi facendo attività fisica, leggi, guardi film, ascolti musica, ti interessi anche di cose che pensavi e mettevi nel mondo dell'irrilevante. Hai ancora tempo. Forse perché la tecnologia ci aiuta? Può darsi. Credo invece che ci stiamo sbarazzando del superfluo. Il tempo conta in modo diverso. Si dice che durante la rivoluzione francese vi fossero gli orologi senza lancette ad indicare che il tempo non era più dello Stato o del padrone, ma tuo. Se da un certo momento in poi attendi le notizie dei tigì per capire o conoscere in tempo reale le sorti del tuo Paese ora, sembra assurdo ma no lo è, ascolti dati percentuali che assorbi passivamente o acriticamente. Se già prima i talkshow ti annoiavano, ora neanche li vedi, puff spariti. Ti dicono che la curva continua a scendere e che il tuo stare in casa ha prodotto risultati ma, nel contempo, in conferenza stampa, il presidente del consiglio neanche troppo velatamente ti fa il pistolotto perché se non ti attieni alle regole, l'ordinanza della ProCiv o i Dpcm, vuol dire che "non ami l'Italia". E allora stacchi la spina. Se siamo arrivati a questo punto non è solo "colpa" del covid19. Lo siamo perché abbiamo delegato troppo ed impegnato il nostro tempo a dividerci spaccando capello in 4 su ciò che diceva il rappresentante di una formazione più vicina a te ma non abbastanza anti. Dopo due mesi ti trovi a scorrere commenti nei social allucinanti dove più normale gode del delatore di chi fa running oltre il limite consentito; magari fino a quest'inverno ti frollava le palle sorpassandoti a "sinistra" perché diceva che eri troppo compromesso col "sistema". Ne vedremo delle belle. Meno male che il capitalismo era in crisi e che c'erano praterie per riprenderci gli spazi dopo anni di sconfitte. Meritiamo di stare nell'irrilevante zero virgola. Dicevo dopo quel pistolotto credo che continuerò a stare sul bordo del fiume coi pop corn a godermi lo spettacolo di chi passa. Nei social tutti muti tranne chi per calcolo e sciacallaggio politico elettorale spara sul pianista. Francamente mi sarei aspettato altre motivazioni o indicazioni ma non questa paccottiglia di vuota retorica nazionale e quel nero richiamo paternalistico del "chi non ci sta non ama il suo Paese". Dopo di che metti in tasca quanto ti viene indicato dal (un tempo si diceva) tubo catodico e prosegui in questo sistema di sospensione dei diritti costituzionali "per il tuo bene".
In questa atmosfera tu che fai parte di una comunità, il tuo piccolo comune, nelle zone interne dell'Isola, e si sa che in Sardegna ogni paese è un'isola nell'isola, non solo non ha contagiati covid19, ma non ce ne sono nel raggio di 30 km, dicevo in questa atmosfera surreale cominci a non sentirti parte di questo destino comune. Quasi come se la bolla mediatica col suo carico di paranoie ed avvertimenti ti abbia ricacciato nell'Età dei comuni. Chiusi nell'angoscia del contagio che viene da fuori.
Queste considerazioni, amare e e di pancia, cadono nella giornata di Sa Die De Sa Sardigna istituita a memento della sommossa dei vespri sardi del 28 aprile 1794 che costrinse alla fuga da Cagliari il viceré Vincenzo Balbiano e i funzionari sabaudi. Una giornata dell'orgoglio nazionale sardo istituita dal Consiglio regionale della Sardegna con la Legge Regionale 14 settembre 1993, n. 44.
Questa giornata verrà ricordata perché, così come per la festa di Sant'Efisio, non ci sarà nessuna concreta celebrazione di piazza per la pandemia. Qui avrei pure finito se non fosse che il tigì isolano ci ha riservato un servizio dove si sottolineava che il presidente della giunta regionale ha tenuto il suo discorso (io direi con voce impostata) in "limba". In sintesi dopo mesi di scelte sotto dettatura del "continentale" nordico leghista a dimostrazione della autonomia dei sardi ci fa discorso in sardo; che dire dopo che ha tagliato i fondi per la cultura. Bella autonomia, di facciata. Pare che quel giorno, sa die de s'annu de s'acciappa, ai piemontesi camuffati in fuga per capire se erano sardi chiedevano di ripetere "cixiri, scivedda, civraxu". Altri tempi altre persone. Oggi, ci sono questi. E non mi piacciono.



Kenze Neke -
Ke a sos bascos ke a sos irlandesos 
s irlandesos
Oh Sardigna custa est d'ora ke ti deppes iskidare e nos Sardos totu umpare si ki pesent in bon'ora Sa rikesa sunt furande in d'una manera indigna e sas costas de Sardigna de zimentu cuccuzzande Oh Sardigna patria nostra de sa limba t'ant privau e 'sistoria ant cubau pro sikire in custa zostra Una tanca fatta a muru fatta a s'afferra afferra si su kelu fit in terra si l'aiant serradu puru A sos meres coloniales aperrieli trumba e fogu ca non paret prus su logu pro su ki nos ant fattu heris Como a Cuba tandho in Vietnam sos Irlandesos kin sos Bascos moviebos omines sardos bos deppiene iskidare Non prus voto non prus listas non prus truffas de eletziones solu bandas comunistas pro sa sarda rivolutzione In su monte et in su pianu un su pianu et in su monte e kin s'istendardu in manos ki est'istadu de su sardu in fronte



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